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Ricordandodon Antonio

Pastore delle nostre animee amico dei poveri

La traslazione della salma di don Antonio Tagliaferri nella “sua” chiesa della Santissima Trinità ha indotto naturalmente ricordi e riflessioni. Non solo nella parrocchia a cui lui stesso ha dato un impulso davvero straordinario, ma anche su queste pagine perché non c’è dubbio che la sua opera e la sua personalità hanno avuto un’eco e un influsso cittadino, non solo a livello ecclesiale, ma anche civile: basti ricordare che dalla Santissima Trinità, grazie a Don Antonio, sono passati importanti personaggi politici come De Mita, Martinazzoli, Piccoli, Andreatta, lo scienziato Antonino Zichichi, lo scrittore Vittorio Messori, nonché il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro (all’epoca “solo” Ministro dell’Interno).

 

Ho l’impressione però che nell’immaginario collettivo, di questo parroco vulcanico sia rimasta impressa per lo più la capacità imprenditoriale. Ricordo che negli anni ’70, periodo in cui mi sono avvicinato alla parrocchia, sentivo parlare di lui -- con tono piuttosto spregiativo -- come del “prete industriale”. Certo, è innegabile che l’uomo avesse spiccate doti manageriali e che fosse nutrito di una buona dose di ambizione. Celebre quella sua “mania di grandezza” che si ritrova in modo plastico nelle dimensioni della chiesa, ma che caratterizzava spesso i suoi discorsi, quando parlava delle “centinaia di persone” che presenziavano ai vari incontri o alle “migliaia di bambini” che avevano preso parte alle due Crociate della Bontà negli anni ’60.

 

Tuttavia, sempre parlando di numeri abbondanti, credo che sia poco conosciuto e stimato – specialmente a livello diocesano – il numero impressionante di vocazioni sorte nell’ambito della Santissima Trinità negli anni di Don Antonio parroco: per l’esattezza si tratta di 19 sacerdoti, 5 suore consacrate e 4 diaconi permanenti. Il primo è stato l’indimenticato Don Renato Zermani e poi tra questi figura anche un vescovo, Mons. Luigi Ferrando, nonché Madre Elena Scotti, a lungo superiora generale delle Suore Orsoline. Anche Don Davide Maloberti, che dirige il Nuovo Giornale, è cresciuto maturando la sua vocazione sotto l’ala di Don Antonio e dei suoi curati.

 

Sono dati oggettivamente impressionanti, che non mi pare trovino riscontro in altre realtà – piacentine e non solo. Credo che questo ci dica molto sul primato della spiritualità e dello zelo pastorale di Don Antonio. Si comprende allora che le costruzioni e le opere erano nel suo cuore subordinate ad una precisa finalità: portare le anime a Dio. E se c’è stata ambizione, era nel solco delle parole di San Paolo quando esortava i Corinzi: “aspirate ai carismi più grandi!”, esortazione che apre l’Inno alla Carità. Credo che la sua figura vada ricordata e rivalutata per l’eredità anzitutto spirituale e pastorale che ha lasciato non solo alla sua parrocchia, ma a tutta la diocesi e direi anche alla società civile.

 

                                                                                 Carlo Dionedi

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